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Malgrado tutto

(2 recensioni dei clienti)

13.00

Malgrado tutto è il ritratto intimo di una famiglia che si va formando in circostanze straordinarie, e insieme la storia delle diverse forme che l’esilio può assumere e di ciò che significa appartenere a un luogo e al proprio passato.

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Descrizione

Malgrado tutto è il ritratto intimo di una famiglia che si va formando in circostanze straordinarie, e insieme la storia delle diverse forme che l’esilio può assumere e di ciò che significa appartenere a un luogo e al proprio passato. Frammenti della Storia sociale e politica di una Nazione, poveri resti cui l’autore insiste a dar forma di parole.
Con strumenti raffinati e rari (conoscenza, lucidità e coraggio), Julián Fuks, malgrado il dolore che ciò comporta per lui, ci consegna con questo romanzo tecnicamente post-fizionale il suo flusso di ricordi. Le dolorose vicende, private ed emotive, della sua famiglia si intrecciano allora con quelle politiche e universali del Paese di origine dei genitori, l’Argentina appena travolta dal golpe militare del 1976.
Questa non è una storia. Questa è la storia, dove emozioni e intelligenza si tengono per mano e si danno reciprocamente forza e forma: con questo libro Julián Fuks sa toccare, con un solo tratto di penna, cuori e teste di chi sceglie di leggerlo.

Julián Fuks
Julián Fuks, nato a São Paulo nel 1981, nel 2012 è stato inserito da «Granta» tra “i più promettenti giovani narratori brasiliani”.
Con la pubblicazione nel 2015 di questo libro ha dato sostanza a quella intuizione e mantenuto la promessa: nel 2016 è stato insignito del più prestigioso premio letterario del Brasile, il Jabuti, nel 2017 del Premio Letterario José Saramago (Portogallo), e l’anno successivo del Premio Anna Seghers (Germania). Malgrado tutto, accompagnato dall’apprezzamento dai lettori e di critici, è stato scelto come titolo di punta per il Festival Internazionale di Letteratura di Chiasso

Informazioni aggiuntive

Autore

Julián Fuks

Autore

Collana

ISBN

9788895166438

Pagine

128

Traduzione

Giacomo Falconi

Anno

2019

Formato

14×21

2 recensioni per Malgrado tutto

  1. Prisca Agustoni

    Autobiografia delle ferite del golpe
    di Prisca Agustoni, Domenica/Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2019

    Il tema della memoria diventa lente di ingrandimento di una realtà messa sotto pressione da processi politici autoritari e violenti in Malgrado tutto, quarto romanzo dello scrittore brasiliano Julián Fuks. Nato a San Paolo nel 1981 da esuli argentini, Fuks conduce uno scavo doloroso e necessario nella storia recente del Paese d’origine dei suoi genitori, segnato dal golpe militare del 1976, ma anche uno scrutinio impietoso dei rapporti umani all’interno di una famiglia, la sua, unita da scelte difficili e da profondi legami affettivi. Servendosi di una voce in prima persona cerca le parole giuste per palesare le trame sottili e intrecciate – e lo sconforto latente – nella vita di un nucleo familiare che, oltre ad aver vissuto il trauma dell’esilio, porta con sé anche i tabu legati all’adozione di un figlio.
    Si intuisce sin dall’inizio che il fratello del narratore è nato in piena dittatura, quando molti neonati argentini furono sottratti ai genitori, militanti politici contrari al regime dittatoriale e che oggi compongono la lunga lista dei desaparecidos. Nella narrazione Fuks inserisce degli elementi che sembrano direttamente ispirati alla sua storia personale (lettere, dialoghi con il fratello, situazioni vissute) che confondono i piani di finzione del romanzo. Ed è appunto questo tono autobiografico, assieme alle domande che il narratore si pone senza tregua, che fanno di quest’opera una toccante testimonianza delle ferite ancora aperte a distanza di anni da quegli eventi traumatici.
    Sebastián è il narratore che cerca di ricostruire in prima persona – a partire da un punto di vista intimo, il più possibile lontano da una fedeltà a date o fatti precisi – i cocci di un mosaico famigliare frastagliato dai venti politici e dalle ombre di un’adozione della quale poco si parla nonostante la presenza del fratello, sui genitori del quale poco si sa, sia un dato di fatto apparentemente senza veli: tutti in famiglia sanno da sempre che il fratello non ha legami consanguinei e questo non sembra essere un problema. Ciò nonostante, elementi anche banali del quotidiano – sguardi, conversazioni, parole non dette, spesso evocati attraverso dei flash-back – ci presentano un malessere mai capito durante l’infanzia del narratore. Così, poco a poco il romanzo rivela lo sconcerto di un paesaggio affettivo e psicologico tutt’altro che sereno e risolto.
    Da questa constatazione parte la ricostruzione interiore del narratore che in 47 brevi e intensi capitoli, scritti in un linguaggio segnato dal flusso di coscienza, fa della dolorosa messa in discussione dei rapporti con la realtà e con la famiglia il centro della sua scrittura. Una scrittura che diventa a sua volta materia prediletta di ricerca, protagonista assoluta del romanzo. Il tema della dittatura e dell’adozione lascia infatti progressivamente spazio all’indagine sui limiti incontrati quando si cerca di accogliere e raccontare una versione della realtà che supera i fatti narrabili secondo una logica più o meno stabilita dalla memoria e dalla penna del giovane narratore. Le costanti incursioni nel territorio del dubbio, nella radicale messa in discussione dei sentimenti e dei ricordi, concentra l’attenzione del lettore sullo scarto esistente nell’intimità tra quello che si crede di conoscere e quello che è taciuto.
    Il romanzo di Fuks sembra quindi mosso da un’urgenza conoscitiva, l’urgenza di risolvere questioni legate allo sguardo che si lancia sugli altri ma soprattutto su se stessi, quando si sente la fitta dell’inquietudine e il fiato del fallimento soffiarci sul collo, come confessa il narratore al capitolo 32: «So che sto scrivendo il mio fallimento. Non so bene cosa scrivo. Oscillo tra una fedeltà impossibile alla realtà – o, per meglio dire, a quei cocci del mondo che siamo soliti chiamare realtà – e un’insopprimibile tendenza a favoleggiare, un modo astuto per sfiorare i fatti, la volontà di dare alle cose un senso che la realtà si rifiuta di dare».
    Alla fine di queste quasi 130 pagine scritte in un ritmo vertiginoso, con uno stile schietto e incisivo, senza sbavature o cadute di tono, il lettore ne esce forse spiazzato ma ripagato nella misura in cui la scrittura di Fuks illumina con lucidità e bellezza le zone d’ombra di una storia che è collettiva e personale al contempo e ci permette di identificarci con il dramma umano vissuto dai suoi personaggi, con le loro incertezze e fragilità che sentiamo come profondamente vere, forse perché descritte con la sincerità di chi le ha vissute in prima persona e ha preso coraggio di condividerle senza falsi pudori e senza temere le contraddizioni.

  2. Alfredo Ronci

    Julian Fuks – “Malgrado tutto”
    di Alfredo Ronci, Il Paradiso degli Orchi, marzo 2019

    Mentre leggevo questo romanzo mi ponevo una domanda (di quelle serie): di fronte ad un problema di carattere psicologico è meglio scrivere un libro o rivolgersi ad un buon psicanalista?
    Perché questa storia, scritta da un giovane autore brasiliano, proprio questo interrogativo pone: come ci si dovrebbe comportare di fronte ad un fratello che per una serie di circostanze è stato adottato invece che essere sangue di famiglia?
    In più si aggiungano cose non di poco conto: i genitori dello scrittore, quando presero il bambino, stavano in Argentina, nel periodo della dittatura, e in seguito, per problemi che solo possiamo immaginare, se ne fuggirono in Brasile, armi e bagagli.
    Il nocciolo della questione è e rimane uno: ho paura di perdere mio fratello, e sento che lui mi sfugge a ogni frase.
    Julián non rinnega le poche e buone cose che ha diviso con lui: So che lui mi proteggeva perché c’è un gesto abituale che è rimasto impresso nella mia memoria: la sua mano posata sulla mia nuca, l’indice e il pollice che fanno pressione sul mio collo, a turno, senza fare forza, solo per indicarmi la direzione del prossimo passa. Era così che mi guidava quando camminavamo fianco a fianco, in mezzo alla folla.
    Non è solo una questione di carattere affettivo, ad un certo punto la dinamica assume proporzioni politiche: il ragazzo ha le sue origini in un paese che ha pagato col sangue la propria indipendenza e forse, nonostante l’amore e l’affetto dei genitori e di un fratello molto legato a lui, ha bisogno di altre strategie per essere in pace con se stesso.
    Dice ancora l’autore: Mi pareva che il libro fosse una lunga lettera indirizzata a lui, una lettera che non avrebbe mai letto (e se il libro fosse stato una lunga lettera indirizzata a lui, questo è ciò che penso adesso, avrei dovuto scriverlo meglio, renderlo più sincero, più attento alla sua sensibilità). Ma il libro non era una lunga lettera indirizzata a lui, ragionai subito dopo, disteso sul letto, non so se sveglio o addormentato.
    Mi rifaccio la domanda: di fronte ad un problema di carattere psicologico è meglio scrivere un libro o rivolgersi ad un buon psicanalista? Al di là delle capacità letterarie che uno possa avere o meno, la risposta però sarebbe un’altra. Io preferirei lo psicanalista.
    Ma Fuks ha fatto un buon lavoro. Sincero ed emozionante. E va bene che per parlare di un fratello abbia scelto di farlo con la scrittura.

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